Considero Se con un t’amo uno dei testi più intensi di Mango: parole che si diffondono negli angoli più remoti della nostra anima, con il supporto di una melodia che ne riveste mirabilmente il senso.
“La coscienza è un dolore che a volte fa stare soli”…. ci rifletto spesso, e sempre più spesso ritrovo esattamente nella vita una dolorosa corrispondenza con il senso profondo di queste parole.
La coscienza è una prigione che, attraverso i fantasmi del giudizio e del pregiudizio, soffoca la libertà di essere se stessi, impedisce al nostro spirito di innalzarsi al di sopra del convenzionale, sbarra la strada alle infinite possibilità di sperimentarsi.
Questo giudice implacabile, indotto dal costume e dall’autorità, è sempre pronto a colpirci con i sensi di colpa, con il timore , con la disapprovazione: ogni volta che provi ad essere te stesso, arriva la condanna…. inesorabile, spietata, crudele.
E questo è il momento del dolore e della solitudine: spaccato tra ciò che senti di essere e ciò che gli altri vogliono che tu sia, scisso tra il desiderio di vivere e la necessità di sopravvivere, spezzato in due parti che ti appartengono entrambe e che entrambe rivendicano la priorità.
Sembra quasi un delitto appropriarci dei nostri giorni, richiedere regali alla vita, accettare le sorprese che essa ci offre, pretendere un pezzo di cielo, rivendicare il diritto ad essere felici.
Essere o non essere, .vivere o sopravvivere, farsi trascinare dalla vita o afferrarla…quasi sempre scegliamo la strada più semplice: la solitudine spaventa, fare i conti con se stessi fa paura, vivere appieno richiede coraggio….e non tutti ne abbiamo a sufficienza per sconfiggere il nemico che è dentro di noi.
Il mondo ha deciso per noi, ha delineato i confini in cui possiamo muoverci, ha stabilito regole che non si possono violare, ha costruito un percorso da cui è possibile sfuggire solo saltando nel vuoto, ma “non tutti ce la fanno: siamo come salmoni che risalgono la corrente, molti restano boccheggianti e morenti sulla riva, pochi arrivano alla meta…e speriamo che tra i pochi ci sia anche io e tu che leggi….” (Paritosh)
Annapaola
“La coscienza è un dolore che a volte fa stare soli”…. ci rifletto spesso, e sempre più spesso ritrovo esattamente nella vita una dolorosa corrispondenza con il senso profondo di queste parole.
La coscienza è una prigione che, attraverso i fantasmi del giudizio e del pregiudizio, soffoca la libertà di essere se stessi, impedisce al nostro spirito di innalzarsi al di sopra del convenzionale, sbarra la strada alle infinite possibilità di sperimentarsi.
Questo giudice implacabile, indotto dal costume e dall’autorità, è sempre pronto a colpirci con i sensi di colpa, con il timore , con la disapprovazione: ogni volta che provi ad essere te stesso, arriva la condanna…. inesorabile, spietata, crudele.
E questo è il momento del dolore e della solitudine: spaccato tra ciò che senti di essere e ciò che gli altri vogliono che tu sia, scisso tra il desiderio di vivere e la necessità di sopravvivere, spezzato in due parti che ti appartengono entrambe e che entrambe rivendicano la priorità.
Sembra quasi un delitto appropriarci dei nostri giorni, richiedere regali alla vita, accettare le sorprese che essa ci offre, pretendere un pezzo di cielo, rivendicare il diritto ad essere felici.
Essere o non essere, .vivere o sopravvivere, farsi trascinare dalla vita o afferrarla…quasi sempre scegliamo la strada più semplice: la solitudine spaventa, fare i conti con se stessi fa paura, vivere appieno richiede coraggio….e non tutti ne abbiamo a sufficienza per sconfiggere il nemico che è dentro di noi.
Il mondo ha deciso per noi, ha delineato i confini in cui possiamo muoverci, ha stabilito regole che non si possono violare, ha costruito un percorso da cui è possibile sfuggire solo saltando nel vuoto, ma “non tutti ce la fanno: siamo come salmoni che risalgono la corrente, molti restano boccheggianti e morenti sulla riva, pochi arrivano alla meta…e speriamo che tra i pochi ci sia anche io e tu che leggi….” (Paritosh)
Annapaola