Ho aspettato un po' a scrivere su questo topic dedicato a Sabbia e Nuvole perchè, secondo me, non siamo davanti alla canzone più bella del millennio (come ha scritto qualcuno: spero che in futuro Mango ci sorprenda con qualcosa di ancora più bello
!), ma comunque a un pezzo di un grande bellezza musicale e lirismo testuale.
Prima di tutto il titolo: sabbia e nuvole. Due realtà, una di terra e una di cielo, difficilmente afferrabili; la prima che scorre fra le dita, la seconda che corre nel cielo e cambia alla vista.
Piovono i pensieri, la mente va
naufragandomi.
Non so perchè, ma questi versi mi richiamano Leopardi, L'infinito:
... Così tra questa
immensità s'annega il pensier mio:
e il naufragare m'è dolce in questo mare.
Il poeta di Recanati vedeva in questo naufragio una specie di dolcezza, di sospensione da ogni forma di sofferenza o preoccupazione. Il "poeta di Lagonegro" invece esprime con queste parole il disorientamento che proviene dal soffermarsi un attimo sulla frase: ti amo.
... codice o nostalgia?
Penso che non ci sia una risposta a questa domanda, oppure che l'amore sia nello stesso tempo un codice (l'amore ha le sue regole) e uno struggimento stellare (nostalgia) che dice il nostro bisogno di "ritornare" in un luogo che sia davvero casa nostra, invece che vivere sempre con l'impressione di dover andare "altrove", che "casa nostra" sia appunto inafferrabile come la sabbia e le nuvole.
Ma giustamente, dato che da nessuna parte c'è una risposta già scritta a quella domanda (ricordiamoci che in una intervista di qualche tempo fa a all music, Mango affermò di non credere nel destino), gli unici che possono tentare di rispondere sono coloro che sono coinvolti nell'amore. E quindi:
Qual'è il tuo senso di noi?
Quale abitudine vuoi?
Non c'è, credo, tormento più grande nell'amore di quello di non sapere come l'altra/o veda "noi", il proprio rapporto. Il contrappunto dato dalle frasi
per te nuove ali aprirò
con te più del sole vivrò
secondo me riportano la percezione dell'amore da parte del soggetto lirico. E' tale soggetto appunto che si aspetta dall'altra/o una risposta, meglio, una corresponsione.
Un'altra cosa importantissima è che nell'amore i confronti non sono possibili: se ogni storia non è qualcosa di nuovo, un modo del tutto originale di vivere l'amore, non vale la pena di essere vissuta:
La similitudine è un'arte, sai
ma è anche un limite.
Dopo gli interrogativi della prima strofa, qui si avverte come un momento di crisi, che potrebbe essere risolto solo da uno shock positivo, in cui ci si lascia anche vincere dall'amore (e cosa è più dolce che essere vinti nell'amore?).
Da un ritorno tuo forse imparerei
ad arrendermi.
I versi del ritornello sono davvero unici, soprattutto
Che il tuo nome sia
nuovamente in me,
come un'eco in tasca al cielo.
Il nome diventa un suono, una eco che si inscrive dentro: ha la dismisura del cielo e il segreto dell'intimità. Sabbia e nuvole diventano allora segni di due realtà che si congiungono: nel loro passare, nel loro procedere, c'è un lasciarsi andare che io sento liberatorio.
I versi finali sono immensi:
Si apre, al canto mio, come una immensa rosa distesa,
l'infinito che con te consumai.
Vi ricordo che per noi occidentali il simbolo della rosa ha lo stesso valore che per gli orientali ha il fiore del loto: è simbolo di ciò che di più bello ci può essere nella vita e che va difeso; è simbolo di un ritorno al centro, all'essenza della vita. Non a caso poi si parla di un infinito "consumato" (quasi una contraddizione in termini, un paradosso): un infinito cioè vissuto, sperimentato, al di là di ogni interrogativo e di ogni parola.
Insomma, come potete capire, un gran bel testo!
E allora: a ciascuno la sua rosa!
d.Max