Erano gli anni in cui mi affacciavo all’adolescenza quando aspettavo con ansia la Hit Parade alle 13,00 del venerdì: non c’ero per nessuno, mi incollavo alla radio, immensa, col mobile bar incorporato, e trepidavo per sapere a quale posizione si trovasse la mia canzone preferita.
Il lunedì c’era la replica, che comunque ascoltavo lo stesso: allora non c’erano cd, registratori, i tunes, media player, e mule…quella era l’unica occasione per ascoltare canzoni.
Di quella che mi piaceva più di tutte, ne compravo il disco, risparmiando sulla paghetta settimanale: allora i dischi costavano 600 lire. Che non erano poche.
"Dio mio no" la ricordo con particolare insistenza: la censura attuata allora era un’eccitazione indicibile: naturalmente comprai subito il disco, altrimenti non l’avrei mai ascoltata. Ed ancora oggi, sorridendo di quegli anni ingenui e bambini, ricordo la mia ricerca affannosa in ogni sillaba di qualcosa di “indecente”, di qualcosa che ne giustificasse il divieto di ascoltarla per radio….ma…niente…non riuscivo proprio a capire dov’era il “peccato”, l’innominabile frase o parola che ne facesse un simbolo demoniaco.
Che tempi! Antichi e bellissimi, come tutto ciò che sa di buono e di pulito, di semplicità e di innocenza.
Questa è la canzone che aspettavo con più trepidazione: un tuffo in quel passato che ritorna più insistente, quanto più te ne allontani.
Non è un semplice disco di canzoni vecchie scelte a caso, questo: dietro c’è il sentiero di una memoria che vuole rinascere, che vuole avere parole e luci, che pretende di far parte del nostro presente, che si impone ad un oggi un po’ stanco per ridargli il vigore di quegli anni, la spensieratezza di quei giorni, la speranza di quel tempo.
Ogni “stazione” di questo viaggio è una sosta tra un punto ed un cuore.
Un amore bello come il sole di cui non ci si ricorda neanche il nome, ma che ha scaldato gli anni della giovinezza, e il cui tepore ancora scalda quel freddo del cuore che di tanto in tanto ti gela.
Un amore perduto tra le pieghe del tempo, dimenticato, lontano, avvolto da una quieta tristezza.
Un amore impetuoso che ti trova, ti prende, ti porta, ti stringe. Una battaglia senza pietà, con te stesso e con l'altro.
Una stagione d’amore che non ha età, perché i desideri non invecchiano, ma cambiano, acquietandosi nella tenerezza dell'affetto di sempre.
Una melodia struggente che ti afferra per i capelli, e con le mani ti prende senza dire parole: un volo senza tempo e senza confini.
E il ricordo dei migliori anni, che in fondo sono sempre quelli che stai vivendo. Solo che non lo sai ancora.
Non sono cover. Ma tappe di una vita, la mia. Come quella di chi, come me, ha tanto da ricordare, nulla da rimpiangere, e tantissimo ancora da dare.
Annapaola
Il lunedì c’era la replica, che comunque ascoltavo lo stesso: allora non c’erano cd, registratori, i tunes, media player, e mule…quella era l’unica occasione per ascoltare canzoni.
Di quella che mi piaceva più di tutte, ne compravo il disco, risparmiando sulla paghetta settimanale: allora i dischi costavano 600 lire. Che non erano poche.
"Dio mio no" la ricordo con particolare insistenza: la censura attuata allora era un’eccitazione indicibile: naturalmente comprai subito il disco, altrimenti non l’avrei mai ascoltata. Ed ancora oggi, sorridendo di quegli anni ingenui e bambini, ricordo la mia ricerca affannosa in ogni sillaba di qualcosa di “indecente”, di qualcosa che ne giustificasse il divieto di ascoltarla per radio….ma…niente…non riuscivo proprio a capire dov’era il “peccato”, l’innominabile frase o parola che ne facesse un simbolo demoniaco.
Che tempi! Antichi e bellissimi, come tutto ciò che sa di buono e di pulito, di semplicità e di innocenza.
Questa è la canzone che aspettavo con più trepidazione: un tuffo in quel passato che ritorna più insistente, quanto più te ne allontani.
Non è un semplice disco di canzoni vecchie scelte a caso, questo: dietro c’è il sentiero di una memoria che vuole rinascere, che vuole avere parole e luci, che pretende di far parte del nostro presente, che si impone ad un oggi un po’ stanco per ridargli il vigore di quegli anni, la spensieratezza di quei giorni, la speranza di quel tempo.
Ogni “stazione” di questo viaggio è una sosta tra un punto ed un cuore.
Un amore bello come il sole di cui non ci si ricorda neanche il nome, ma che ha scaldato gli anni della giovinezza, e il cui tepore ancora scalda quel freddo del cuore che di tanto in tanto ti gela.
Un amore perduto tra le pieghe del tempo, dimenticato, lontano, avvolto da una quieta tristezza.
Un amore impetuoso che ti trova, ti prende, ti porta, ti stringe. Una battaglia senza pietà, con te stesso e con l'altro.
Una stagione d’amore che non ha età, perché i desideri non invecchiano, ma cambiano, acquietandosi nella tenerezza dell'affetto di sempre.
Una melodia struggente che ti afferra per i capelli, e con le mani ti prende senza dire parole: un volo senza tempo e senza confini.
E il ricordo dei migliori anni, che in fondo sono sempre quelli che stai vivendo. Solo che non lo sai ancora.
Non sono cover. Ma tappe di una vita, la mia. Come quella di chi, come me, ha tanto da ricordare, nulla da rimpiangere, e tantissimo ancora da dare.
Annapaola