Area aperta all'approfondimento dei contenuti degli album incisi da Mango in carriera, da "La mia ragazza è un gran caldo" fino a “L'amore è invisibile”.
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Questa canzone declina la cifra dell'interiorità, dimensione di tutto questo album, in un modo inedito: l'interiorità delle cose e con le cose. E' come se ciò che noi chiamiamo interiorità, anima, non fosse limitata al perimetro della nostra epidermide o della nostra scatola cranica, ma fosse anche il dietro e il dentro delle cose. Certo, questa è una “visione in trasparenza” che non appartiene a un atteggiamento utilitaristico ma solo a uno sguardo poetico che si posa sulle cose, volendole vedere “con i vestiti e senza”, e che si sente rispecchiato dallo sguardo delle cose.

Forse quella “vita che mi va” è una vita in cui si deve imparare non a aggiungere cose a cose, ma a togliere via il superfluo fino a cogliere che “in me c'è un vuoto così d'addio” e accettare “la fragilità del tempo che ho ritrovato”. Tutto ciò lo si scopre piano piano, nell'anima delle cose che ci guardano, che “sono curiose di noi”, che si attendono da noi l'adamitica facoltà di chiamarle col loro nome. In questo sguardo scambiato, in questo chiamarsi reciproco, si scopre sì un vuoto e una fragilità che appartiene sia a noi che alle cose, ma si scopre anche quella segreta unità che ci fa appartenere tutti a quella saggezza del mondo che ci sostiene e che si riversa su ogni piccolo infinito che siamo e che le cose sono.

Questa opera dello sguardo è un'opera di pazienza che matura piano in una dimensione che viene richiamata in tutta la canzone: la dimensione della solitudine, in cui creare lo spazio di attenzione e rispetto, in cui creare quell'intimità con le cose in cui viene posto l'interrogativo: “Sei tu che mi guardi, oppure lo sguardo è ciò che mi guarda da dentro e possiede i tuoi occhi?”.

Massimiliano
Il pezzo è ipnotico, magnetico, di una bellezza semplice e disarmante. Soprattutto sfiora corde molto intime, e questo mi tocca nel profondo. si, adoro questo pezzo come non mai.
Adoro questa ballad elegante, fresca ed essenziale, in una parola "pop" nel senso più bello del termine (cori fantastici), da cantare zompettando per la casa o suonare con la chitarra. Col testo di Panella che invita a superare la malinconia e ad apprezzare la normalità delle "cose" di tutti i giorni. Secondo singolo? :roll:

Sì, la vita mi va. Come questo pezzo. :lol:

Roberta
Il movimento che presenta questa canzone, da noi alle cose e dalle cose a noi, è un movimento di reciproca percezione, di reciproca visione, un movimento di reciproca "simpatia" in cui si dà e si riceve vita. E questo movimento l'ho ritrovato, assolutamente e sorprendentemente simile, nelle parole di un filosofo del '900, Merleau-Ponty, che parla di una sorta di "reciproca transustanziazione" di colui che vede e delle cose che sono viste, un momento di grazia e di consacrazione della vita. Cito:

"la visione che il vedente esercita, il vedente la subisce altresì da parte delle cose, e, come hanno detto molti pittori, io mi sento guardato dalle cose, la mia attività è identicamente passività. [...] Cosicchè vedente e visibile entrano in un rapporto di visibilità e non si sa più chi vede e chi è visto" (Il visibile e l'invisibile, 1964).

Ciò viene definito dal filosofo un vero e proprio "miracolo" della carne, intesa come possibilità di presenza nel mondo. Ancora:

"C'è realmente inspirazione ed espirazione dell'Essere, respirazione nell'Essere, azione e passione così poco distinguibili che non si sa più chi vede e chi viene visto, chi dipinge e chi viene dipinto. [...] In questo circuito non c'è alcuna interruzione; è impossibile affermare che la natura finisca qui e che da qui inizino l'uomo o l'espressione. E' l'essere silente che si fa avanti per svelare il proprio significato" (L'occhio e lo spirito, 1964).
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