E’ curioso pensare che ognuno di noi ha un paese che dovrà restare il suo paesaggio, immutabile; che l’ordine fisico sia così lento a filtrare in noi, a diventare qualcosa di nostro, e poi così impossibile a scancellarsi.
Attraverso alcune canzoni possiamo forse ricostruire il paesaggio caro al Nostro e, dato che nelle sue canzoni vengono raccontate anche le nostre vite, caro anche a noi.
Cominciamo con NELLA MIA CITTA’.
Questa canzone “disegna” angoli urbani che un bravo disegnatore potrebbe tranquillamente riprodurre, facendosi trasportare dalle parole del testo e dall’atmosfera della musica.
C’è la casa bianca col glicine in fiore; in alto il cielo grande; il parco col prato pettinato dal vento; il viale alberato; la ferrovia…
Secondo me, il particolare del “prato… dove correvamo noi” ci fa capire che è un paesaggio dell’infanzia, contrapposto al “mondo agitato” dove gli accenti del clacson ci fanno svegliare di soprassalto (oppure non ci fanno proprio dormire!).
E’ quel paesaggio dell’infanzia, quel viale alberato che diventa “il viale dei caffè” che riporta alla memoria quel “profumo che non c’è” della madre.
Passiamo a MEDITERRANEO.
Anche qui, attraverso il testo e la musica si potrebbe indovinare il profilo marino che viene disegnato, i colori, le forme e addirittura i profumi.
Non è il Mediterraneo, meta delle vacanze degli italiani, ma un Mediterraneo vissuto tutto l’anno, un Mediterraneo da scoprire, sì, ma anche da pregare, soffrire e, infine, morire. Un mediterraneo che offre i suoi succhi da gustare, i suoi densi odori salini sparsi dappertutto. I pini al sole sembrano stillare gocce di resina. Il mare e il cielo si toccano e sembrano confondersi, mentre la possibilità di entrare in una dimensione “altra” è data a noi dallo sguardo che, in basso può sprofondarsi nell’oscuro blu del mare e, in alto, può fissarsi su un falco (da cui a sua volta siamo guardati: «sei tu che mi guardi, oppure lo sguardo è ciò che mi guarda da dentro e possiede i tuoi occhi?») e su una nuvola che va, volando nell’eternità.
E’ un paesaggio dove c’è tutto: giustamente Pino negli ultimi concerti dice che questa canzone rappresenta per lui il mare che tutti noi vogliamo attraversare, anzi, il mare da cui vogliamo essere riempiti, il mare in cui siamo:
Siedi qui
E lasciati andar così.
Lascia che entri il sole dentro te
E respira
Tutta l’aria che puoi.
Concludiamo con AUSTRALIA.
L’Australia è la terra sterminata, della vacanza assoluta; un mondo anche qui da cui farsi conquistare, con le sue spiagge bianche, il suo mare, il cielo immenso sul deserto, un altro blu. Il vento spazza via città e pensieri e il cuore si trova quasi “sperso nell’universo”.
Siamo di fronte, come in Ti porto in Africa, non a un luogo geografico e fisico ma in un luogo immaginale che non si può paragonare a nessun altro. Rappresenta forse quel paesaggio cui tutti noi agogniamo capace di farci sentire davvero “a casa nostra”, ovunque noi siamo.
Buona vita a tutti.
d.Max
Attraverso alcune canzoni possiamo forse ricostruire il paesaggio caro al Nostro e, dato che nelle sue canzoni vengono raccontate anche le nostre vite, caro anche a noi.
Cominciamo con NELLA MIA CITTA’.
Questa canzone “disegna” angoli urbani che un bravo disegnatore potrebbe tranquillamente riprodurre, facendosi trasportare dalle parole del testo e dall’atmosfera della musica.
C’è la casa bianca col glicine in fiore; in alto il cielo grande; il parco col prato pettinato dal vento; il viale alberato; la ferrovia…
Secondo me, il particolare del “prato… dove correvamo noi” ci fa capire che è un paesaggio dell’infanzia, contrapposto al “mondo agitato” dove gli accenti del clacson ci fanno svegliare di soprassalto (oppure non ci fanno proprio dormire!).
E’ quel paesaggio dell’infanzia, quel viale alberato che diventa “il viale dei caffè” che riporta alla memoria quel “profumo che non c’è” della madre.
Passiamo a MEDITERRANEO.
Anche qui, attraverso il testo e la musica si potrebbe indovinare il profilo marino che viene disegnato, i colori, le forme e addirittura i profumi.
Non è il Mediterraneo, meta delle vacanze degli italiani, ma un Mediterraneo vissuto tutto l’anno, un Mediterraneo da scoprire, sì, ma anche da pregare, soffrire e, infine, morire. Un mediterraneo che offre i suoi succhi da gustare, i suoi densi odori salini sparsi dappertutto. I pini al sole sembrano stillare gocce di resina. Il mare e il cielo si toccano e sembrano confondersi, mentre la possibilità di entrare in una dimensione “altra” è data a noi dallo sguardo che, in basso può sprofondarsi nell’oscuro blu del mare e, in alto, può fissarsi su un falco (da cui a sua volta siamo guardati: «sei tu che mi guardi, oppure lo sguardo è ciò che mi guarda da dentro e possiede i tuoi occhi?») e su una nuvola che va, volando nell’eternità.
E’ un paesaggio dove c’è tutto: giustamente Pino negli ultimi concerti dice che questa canzone rappresenta per lui il mare che tutti noi vogliamo attraversare, anzi, il mare da cui vogliamo essere riempiti, il mare in cui siamo:
Siedi qui
E lasciati andar così.
Lascia che entri il sole dentro te
E respira
Tutta l’aria che puoi.
Concludiamo con AUSTRALIA.
L’Australia è la terra sterminata, della vacanza assoluta; un mondo anche qui da cui farsi conquistare, con le sue spiagge bianche, il suo mare, il cielo immenso sul deserto, un altro blu. Il vento spazza via città e pensieri e il cuore si trova quasi “sperso nell’universo”.
Siamo di fronte, come in Ti porto in Africa, non a un luogo geografico e fisico ma in un luogo immaginale che non si può paragonare a nessun altro. Rappresenta forse quel paesaggio cui tutti noi agogniamo capace di farci sentire davvero “a casa nostra”, ovunque noi siamo.
Buona vita a tutti.
d.Max