“Io disteso qui
tra le dita e Dio
ringrazio il cielo e parlo di te”
Non le avevo ancora udite queste parole, anche se molto probabilmente erano già state scritte; come non avevano ancora dato voce ad un sentire, seppur quel sentire già facesse parte di un mio particolare vissuto.
E così, fin dal primo ascolto, è stato subito un rituffarsi in una situazione precisa, forse nel primo autentico momento di tutta la mia vita in cui ho percepito tutto il mio essere finalmente libero di fermarsi un istante, in comunicazione con l’anima e il creato, gli occhi ricolmi, traboccanti delle sue meraviglie, intorno a me il vero silenzio in cui c’è solo la natura con i suoi rumori, i suoi odori, i suoi colori a parlare. E la sensazione di avere perso del peso, quel fardello che ci portiamo dietro ogni giorno, fatto di fretta, frasi mancate, sguardi distratti e un’estenuante corsa contro il tempo nelle mille incombenze quotidiane.
Parliamo di poco meno di nove mesi fa. E parliamo di Australia.
In bocca ancora il sapore della torta nuziale, sulla pelle ancora il calore dei baci, degli abbracci delle persone più care, nella mente ancora tanti flash accavallati ripieni di sorrisi, risate, calici alzati, brindisi e cori agli sposi, mentre le gambe ancora ricordavano bene la tensione e i brividi di tutte le emozioni del mondo concentrate in un “sì”….
E piedi che ora calpestavano quella parte di terra bruciata dal sole, dove la natura è ancora la componente dominante in spazi sconfinati, dove l’ambiente marino è arricchito dalle più grandi barriere coralline della Terra e gli animali battono i loro percorsi seguendo solo i ritmi biologici e le stagioni: canguri, koala, leoni marini, foche, echidna, varani, ma anche pesci variopinti, delfini, coccodrilli, con il timore reverenziale che dà il sapere della presenza di qualche squalo e delle velenosissime meduse cubo, che grazie al cielo, non hanno fatto la loro comparsa; dove l’uomo riacquista la sua dimensione di creatura non più dominante ma rapita da un richiamo primordiale.
Eh già, come qualcuno ha già cantato: “immaginarla non si può, un altro blu”.
E quale momento migliore, con le dita intrecciate a quelle di mio marito (che strano inizialmente definirlo così!), seduti sulle pietre rossastre di una ammasso roccioso nello “stone country” australiano, manto verde a perdita d’occhio punteggiato qua è là da qualche pianta, l’orizzonte che si rivestiva di luci e colori per accogliere il sole tra le sue braccia, mentre gli ultimi bagliori si riflettevano argentei su un “billabong” d’acqua stagnante….. quale momento migliore per chiudere gli occhi, assaporare i profumi della sera, lasciare il vento giocare tra i capelli, respirare a pieni polmoni quel senso totale di libertà e pronunciare il proprio GRAZIE.
GRAZIE a Dio e alla Vita che avevano racchiuso in un pugno di giorni emozioni con cui avrei spalmato ogni nuova alba per nutrirne e gustarne ancora e ancora
GRAZIE a colui che mi stava accanto, che mi sta accanto e che spero rimanga al mio fianco “finché morte non ci separi” come solennemente promessoci a vicenda
GRAZIE ai miei genitori, a mio fratello, a tutti coloro che con gioia, simpatia, e in alcuni casi anche con commozione (vero, papà?) non hanno soltanto partecipato ma contributo a rendere una giornata già di per sé particolare un vero e proprio angolo di cielo
GRAZIE a Pino, che per anni mi ha fatto sognare con le sue parole e la sua voce la meraviglia di un paese come l’Australia, e che forse, con la sua “poesia” nel cuore, me l’ha fatta amare ancora di più
E un GRAZIE a tutti voi che, forse, ancora state leggendo questo lungo, forse lunghissimo intervento; a voi che mi avete fatto riscoprire il piacere di vivere la poesia, di parlare e scrivere di poesia, e dare voce a una parte di me che a lungo è rimasta in silenzio…..
GRAZIE
tra le dita e Dio
ringrazio il cielo e parlo di te”
Non le avevo ancora udite queste parole, anche se molto probabilmente erano già state scritte; come non avevano ancora dato voce ad un sentire, seppur quel sentire già facesse parte di un mio particolare vissuto.
E così, fin dal primo ascolto, è stato subito un rituffarsi in una situazione precisa, forse nel primo autentico momento di tutta la mia vita in cui ho percepito tutto il mio essere finalmente libero di fermarsi un istante, in comunicazione con l’anima e il creato, gli occhi ricolmi, traboccanti delle sue meraviglie, intorno a me il vero silenzio in cui c’è solo la natura con i suoi rumori, i suoi odori, i suoi colori a parlare. E la sensazione di avere perso del peso, quel fardello che ci portiamo dietro ogni giorno, fatto di fretta, frasi mancate, sguardi distratti e un’estenuante corsa contro il tempo nelle mille incombenze quotidiane.
Parliamo di poco meno di nove mesi fa. E parliamo di Australia.
In bocca ancora il sapore della torta nuziale, sulla pelle ancora il calore dei baci, degli abbracci delle persone più care, nella mente ancora tanti flash accavallati ripieni di sorrisi, risate, calici alzati, brindisi e cori agli sposi, mentre le gambe ancora ricordavano bene la tensione e i brividi di tutte le emozioni del mondo concentrate in un “sì”….
E piedi che ora calpestavano quella parte di terra bruciata dal sole, dove la natura è ancora la componente dominante in spazi sconfinati, dove l’ambiente marino è arricchito dalle più grandi barriere coralline della Terra e gli animali battono i loro percorsi seguendo solo i ritmi biologici e le stagioni: canguri, koala, leoni marini, foche, echidna, varani, ma anche pesci variopinti, delfini, coccodrilli, con il timore reverenziale che dà il sapere della presenza di qualche squalo e delle velenosissime meduse cubo, che grazie al cielo, non hanno fatto la loro comparsa; dove l’uomo riacquista la sua dimensione di creatura non più dominante ma rapita da un richiamo primordiale.
Eh già, come qualcuno ha già cantato: “immaginarla non si può, un altro blu”.
E quale momento migliore, con le dita intrecciate a quelle di mio marito (che strano inizialmente definirlo così!), seduti sulle pietre rossastre di una ammasso roccioso nello “stone country” australiano, manto verde a perdita d’occhio punteggiato qua è là da qualche pianta, l’orizzonte che si rivestiva di luci e colori per accogliere il sole tra le sue braccia, mentre gli ultimi bagliori si riflettevano argentei su un “billabong” d’acqua stagnante….. quale momento migliore per chiudere gli occhi, assaporare i profumi della sera, lasciare il vento giocare tra i capelli, respirare a pieni polmoni quel senso totale di libertà e pronunciare il proprio GRAZIE.
GRAZIE a Dio e alla Vita che avevano racchiuso in un pugno di giorni emozioni con cui avrei spalmato ogni nuova alba per nutrirne e gustarne ancora e ancora
GRAZIE a colui che mi stava accanto, che mi sta accanto e che spero rimanga al mio fianco “finché morte non ci separi” come solennemente promessoci a vicenda
GRAZIE ai miei genitori, a mio fratello, a tutti coloro che con gioia, simpatia, e in alcuni casi anche con commozione (vero, papà?) non hanno soltanto partecipato ma contributo a rendere una giornata già di per sé particolare un vero e proprio angolo di cielo
GRAZIE a Pino, che per anni mi ha fatto sognare con le sue parole e la sua voce la meraviglia di un paese come l’Australia, e che forse, con la sua “poesia” nel cuore, me l’ha fatta amare ancora di più
E un GRAZIE a tutti voi che, forse, ancora state leggendo questo lungo, forse lunghissimo intervento; a voi che mi avete fatto riscoprire il piacere di vivere la poesia, di parlare e scrivere di poesia, e dare voce a una parte di me che a lungo è rimasta in silenzio…..
GRAZIE