Ecco cos’è per me la poesia.
Propensione dell’attimo in cerca delle proprie mani, del sudore della propria pelle, del proprio sapere baciato di scorza, baciata anch’essa da pioggia fittissima di domenica mattina.
Infinito di un lento e forte abbraccio all’Io che ci contiene, come se mancassimo a volte di silenzio profondo. Quel silenzio che non dev’essere in balìa di feroci tempeste assorbite di tempo perduto, ma di ragione concreta d’amore cucita su trama inzuppata di caffè.
Poesia è purezza costante del quotidiano vissuto e non dimenticato, che ci tocca gli occhi e non le spalle.
Incapacità di piangere sotto forma di regole dettate dall’uomo e non da Dio.
Poesia è l’assaporare il proprio sangue, come torrente d’acqua potabile bevuto dalle proprie mani.
Terra di bosco coperta di foglie cadute, calpestata dal vagare del daino e della volpe rossa.
Solitudine che non sà di solitudine, ma di mancata coscienza d’affetto assoluto quando la dispersione viene più dal cuore che non dal tatto.
Quando i capelli, la pelle, le ossa e i muscoli perdono d’aria vissuta ed escono vincenti di nuova attesa.
L’uomo nasce e vive di poesia, ma non vi si riconosce.
Essa vive sottoforma di piccolissimi tagli di luce nel buio della non conoscenza di sapersi autore di sé stessi e poi dell’universo.
Poesia è Africa Nostra.
Quella che si tinge in grembo di una madre di miracolo in miracolo.
Quella di notte, rifugio di luna specchiata su un lago dove le parole protendono d’amore come fogliame altalenante a pelo d’acqua dolce.
Quella che di legno di Guajaco impregna di profumo la pelle e le briciole notturne di un bacio sulle labbra.
Disegno complesso di dentro da cui partono incessantemente nuove imprecise venature, fino a districarsi ai piedi dell’assoluto.
Poesia è schiavitù dall’oltr’involontarietà dell’agire.
Ecco cos’è per me la poesia: Libertà assoluta d’espressione.
L’attimo impetuoso che si incarna nell’essere, come sangue di Cristo sul petto dell’uomo.
E’ come lo stare seduti ai piedi di un albero, e la sua ombra ci rende complici del proprio universo cosmico.
E da lì ne parte il silenzio…
Propensione dell’attimo in cerca delle proprie mani, del sudore della propria pelle, del proprio sapere baciato di scorza, baciata anch’essa da pioggia fittissima di domenica mattina.
Infinito di un lento e forte abbraccio all’Io che ci contiene, come se mancassimo a volte di silenzio profondo. Quel silenzio che non dev’essere in balìa di feroci tempeste assorbite di tempo perduto, ma di ragione concreta d’amore cucita su trama inzuppata di caffè.
Poesia è purezza costante del quotidiano vissuto e non dimenticato, che ci tocca gli occhi e non le spalle.
Incapacità di piangere sotto forma di regole dettate dall’uomo e non da Dio.
Poesia è l’assaporare il proprio sangue, come torrente d’acqua potabile bevuto dalle proprie mani.
Terra di bosco coperta di foglie cadute, calpestata dal vagare del daino e della volpe rossa.
Solitudine che non sà di solitudine, ma di mancata coscienza d’affetto assoluto quando la dispersione viene più dal cuore che non dal tatto.
Quando i capelli, la pelle, le ossa e i muscoli perdono d’aria vissuta ed escono vincenti di nuova attesa.
L’uomo nasce e vive di poesia, ma non vi si riconosce.
Essa vive sottoforma di piccolissimi tagli di luce nel buio della non conoscenza di sapersi autore di sé stessi e poi dell’universo.
Poesia è Africa Nostra.
Quella che si tinge in grembo di una madre di miracolo in miracolo.
Quella di notte, rifugio di luna specchiata su un lago dove le parole protendono d’amore come fogliame altalenante a pelo d’acqua dolce.
Quella che di legno di Guajaco impregna di profumo la pelle e le briciole notturne di un bacio sulle labbra.
Disegno complesso di dentro da cui partono incessantemente nuove imprecise venature, fino a districarsi ai piedi dell’assoluto.
Poesia è schiavitù dall’oltr’involontarietà dell’agire.
Ecco cos’è per me la poesia: Libertà assoluta d’espressione.
L’attimo impetuoso che si incarna nell’essere, come sangue di Cristo sul petto dell’uomo.
E’ come lo stare seduti ai piedi di un albero, e la sua ombra ci rende complici del proprio universo cosmico.
E da lì ne parte il silenzio…