Sto riflettendo in questo periodo su una doppia fedeltà da vivere che viene espressa bene da queste parole di Dentro me ti scrivo: "confine o spazio sempre nuovo?".
Da una parte c’è la fedeltà alle cose della concretezza quotidiana, alle proprie scelte, ai propri affetti. Sono i confini della propria storia e della propria biografia. Il rischio è però a volte quello di limitarsi a questi confini, identificandosi con i propri ruoli e i propri impegni e perdendo la memoria della propria dimensione più profonda.
Allora, c’è bisogno di essere fedeli anche a quella dimensione che va oltre la propria personalità, in cui siamo e esistiamo ma che non è il risultato delle nostre scelte, non è fatta da noi ma semmai noi siamo fatti da lei. Solo così ci possiamo rendere conto che la vita è qualcosa di immenso, a cui apparteniamo, di cui partecipiamo una scintilla, di cui abbiamo responsabilità per quanto riguarda la nostra essenza individuale, essenza che non coincide, appunto, con i confini dell’Io.
E’ quella dimensione “altra” che forse può essere definita bene come il vero “albero delle fate”, quell’albero profondamente radicato in noi, di cui noi custodiamo la struggente nostalgia e pure l’ardente speranza. Davvero allora il senso della vita cresce forte come un mantello
in cui riavvolgo, in me, questo e quello.
Il senso della vita è cioè tenere insieme sia il senso del confine, di ciò che sono per me e per gli altri, sia il senso di una soglia da varcare oltre la quale c’è un’altra luce. Penso anche che questo sia “quel darsi all’anima intensamente”, quel darsi appunto al mondo interiore che custodisce il senso della vita e del destino. Ciò che permette di varcare la soglia, di andare oltre i confini dell’Io è l’esperienza e il trasalimento della bellezza (“tu bella sempre”), incanto che produce una breccia nelle nostre difese egoiche, causa una profonda scossa emozionale e risale come canto.
Il compito di una vita può essere allora quello di trasformare la propria coscienza in un ponte che poggia da una parte sulla sponda delle proprie fedeltà quotidiane, dei confini che ci appartengono, e dall’altra sulla sponda dell’anima e della fedeltà alle sue memorie, alle sue immagini, alle sue emozioni, per farne poesia e musica.
Buona vita a tutti.
d.Max
Da una parte c’è la fedeltà alle cose della concretezza quotidiana, alle proprie scelte, ai propri affetti. Sono i confini della propria storia e della propria biografia. Il rischio è però a volte quello di limitarsi a questi confini, identificandosi con i propri ruoli e i propri impegni e perdendo la memoria della propria dimensione più profonda.
Allora, c’è bisogno di essere fedeli anche a quella dimensione che va oltre la propria personalità, in cui siamo e esistiamo ma che non è il risultato delle nostre scelte, non è fatta da noi ma semmai noi siamo fatti da lei. Solo così ci possiamo rendere conto che la vita è qualcosa di immenso, a cui apparteniamo, di cui partecipiamo una scintilla, di cui abbiamo responsabilità per quanto riguarda la nostra essenza individuale, essenza che non coincide, appunto, con i confini dell’Io.
E’ quella dimensione “altra” che forse può essere definita bene come il vero “albero delle fate”, quell’albero profondamente radicato in noi, di cui noi custodiamo la struggente nostalgia e pure l’ardente speranza. Davvero allora il senso della vita cresce forte come un mantello
in cui riavvolgo, in me, questo e quello.
Il senso della vita è cioè tenere insieme sia il senso del confine, di ciò che sono per me e per gli altri, sia il senso di una soglia da varcare oltre la quale c’è un’altra luce. Penso anche che questo sia “quel darsi all’anima intensamente”, quel darsi appunto al mondo interiore che custodisce il senso della vita e del destino. Ciò che permette di varcare la soglia, di andare oltre i confini dell’Io è l’esperienza e il trasalimento della bellezza (“tu bella sempre”), incanto che produce una breccia nelle nostre difese egoiche, causa una profonda scossa emozionale e risale come canto.
Il compito di una vita può essere allora quello di trasformare la propria coscienza in un ponte che poggia da una parte sulla sponda delle proprie fedeltà quotidiane, dei confini che ci appartengono, e dall’altra sulla sponda dell’anima e della fedeltà alle sue memorie, alle sue immagini, alle sue emozioni, per farne poesia e musica.
Buona vita a tutti.
d.Max