Un bambino pensa che se sarà bravo, il papà lo porterà a Gardaland in primavera.
E si impegna, sforzandosi di star zitto quando vorrebbe suonare la batteria mentre la sorella fa i compiti, mangiando tutto il passato di verdure che solo a vederlo gli occhi gli si strabuzzano, andando a letto presto quando ci sono I Cesaroni in Tv. E (forse) otterrà il sospirato viaggio. Ma dopo tornerà ad essere quello di prima.
Uno studente pensa che se sarà diligente ed educato, pur avendo sette in condotta al primo quadrimestre, potrà riuscire a passare alla classe successiva. E (forse) otterrà la promozione. Ma l’anno successivo il sette in condotta diventerà sei.
Un’adolescente innamorata del più fico della scuola pensa che, se farà la preziosa, riuscirà a conquistare il suo cavaliere: si dice che in amor vince chi fugge E quasi sicuramente riuscirà a strappare un appuntamento, in barba a tutte le altre che sbavano da tre anni per avere almeno un numero di cellulare.
Ma il seguito non sarà un ti amerò per sempre.
Un adulto dovrebbe avere imparato che non serve mostrarsi per ciò che non si è per ottenere uno scopo qualunque: se sai a stento accendere un pc, quel posto di lavoro in una ditta di informatica ottenuto grazie a una menzogna, non lo conserverai a lungo; se fai la corte alla figlia dell’avvocato più famoso della città per ottenere un posto nel suo studio prestigioso, ma sei laureato in storia medievale, sarai un pessimo marito e un avvocato di cause perse.
Le librerie pullulano di manuali che spargono consigli preziosi su come far felici i mariti, su come ottenere riconoscimenti professionali o conquistare un seggio in parlamento, su come farla in barba agli insegnanti agli esami di stato o sviare i sospetti di un compagno geloso.
Ma le conquiste così ottenute hanno il sapore acre della menzogna, l’odore acido dell’ipocrisia, la faccia imbrattata di una coscienza sporca.
Io non sono mai riuscita ad essere ciò che non sono, anche quando mi sarebbe tornato utile; non mi sono mai cambiata l’abito che mi appartiene, nemmeno per un amore, nemmeno per un amico, nemmeno per i miei figli: la bellezza di un rapporto di affetto sta nell’essere veri sempre, anche a costo di perdersi, anche a prezzo di una fine.
Non avrebbe senso mascherarsi per far piacere all’altro: la vera essenza di una persona viene sempre a galla, prima o poi. E il disinganno sarebbe crudele.
Mi fanno sorridere quei detti di saggezza popolare, del tipo per conservarsi un marito bisogna avere sempre la tavola ben imbandita e il letto sempre caldo: sarebbe ben misero un matrimonio poggiato su basi così effimere e traballanti.
Oppure suggerimenti del tipo se vuoi conservarti quell’amico devi mostrarti sempre allegra e non appesantirlo con i tuoi problemi, perché ha già i suoi: ma io non faccio il giullare di corte, e se sono triste o afflitta un amico vero lo "vuole" sapere.
O ancora con i figli devi mostrarti sempre serena e disponibile, altrimenti si traumatizzano: ma i figli hanno una sensibilità che va oltre ogni umana comprensione, e se sei triste dentro, ma allegra fuori, se ne accorgono subito, e si disorientano, perché non sanno a cosa credere: a ciò che vedono o a ciò che sentono. Meglio una vera mamma pazzerella, che una finta mamma sempre pimpante.
Solo per una persona a volte ho messo una maschera, ma non per ottenere uno scopo, bensì per darle uno scopo: mia madre, a cui a volte ho nascosto di essere triste o disperata, a cui a volte ho taciuto una rabbia o addolcito una delusione, a cui spesso ho sorriso pur avendo lacrime sulla punta degli occhi.
Per darle la certezza che ha sempre cercato: che io fossi felice.
Annapaola
E si impegna, sforzandosi di star zitto quando vorrebbe suonare la batteria mentre la sorella fa i compiti, mangiando tutto il passato di verdure che solo a vederlo gli occhi gli si strabuzzano, andando a letto presto quando ci sono I Cesaroni in Tv. E (forse) otterrà il sospirato viaggio. Ma dopo tornerà ad essere quello di prima.
Uno studente pensa che se sarà diligente ed educato, pur avendo sette in condotta al primo quadrimestre, potrà riuscire a passare alla classe successiva. E (forse) otterrà la promozione. Ma l’anno successivo il sette in condotta diventerà sei.
Un’adolescente innamorata del più fico della scuola pensa che, se farà la preziosa, riuscirà a conquistare il suo cavaliere: si dice che in amor vince chi fugge E quasi sicuramente riuscirà a strappare un appuntamento, in barba a tutte le altre che sbavano da tre anni per avere almeno un numero di cellulare.
Ma il seguito non sarà un ti amerò per sempre.
Un adulto dovrebbe avere imparato che non serve mostrarsi per ciò che non si è per ottenere uno scopo qualunque: se sai a stento accendere un pc, quel posto di lavoro in una ditta di informatica ottenuto grazie a una menzogna, non lo conserverai a lungo; se fai la corte alla figlia dell’avvocato più famoso della città per ottenere un posto nel suo studio prestigioso, ma sei laureato in storia medievale, sarai un pessimo marito e un avvocato di cause perse.
Le librerie pullulano di manuali che spargono consigli preziosi su come far felici i mariti, su come ottenere riconoscimenti professionali o conquistare un seggio in parlamento, su come farla in barba agli insegnanti agli esami di stato o sviare i sospetti di un compagno geloso.
Ma le conquiste così ottenute hanno il sapore acre della menzogna, l’odore acido dell’ipocrisia, la faccia imbrattata di una coscienza sporca.
Io non sono mai riuscita ad essere ciò che non sono, anche quando mi sarebbe tornato utile; non mi sono mai cambiata l’abito che mi appartiene, nemmeno per un amore, nemmeno per un amico, nemmeno per i miei figli: la bellezza di un rapporto di affetto sta nell’essere veri sempre, anche a costo di perdersi, anche a prezzo di una fine.
Non avrebbe senso mascherarsi per far piacere all’altro: la vera essenza di una persona viene sempre a galla, prima o poi. E il disinganno sarebbe crudele.
Mi fanno sorridere quei detti di saggezza popolare, del tipo per conservarsi un marito bisogna avere sempre la tavola ben imbandita e il letto sempre caldo: sarebbe ben misero un matrimonio poggiato su basi così effimere e traballanti.
Oppure suggerimenti del tipo se vuoi conservarti quell’amico devi mostrarti sempre allegra e non appesantirlo con i tuoi problemi, perché ha già i suoi: ma io non faccio il giullare di corte, e se sono triste o afflitta un amico vero lo "vuole" sapere.
O ancora con i figli devi mostrarti sempre serena e disponibile, altrimenti si traumatizzano: ma i figli hanno una sensibilità che va oltre ogni umana comprensione, e se sei triste dentro, ma allegra fuori, se ne accorgono subito, e si disorientano, perché non sanno a cosa credere: a ciò che vedono o a ciò che sentono. Meglio una vera mamma pazzerella, che una finta mamma sempre pimpante.
Solo per una persona a volte ho messo una maschera, ma non per ottenere uno scopo, bensì per darle uno scopo: mia madre, a cui a volte ho nascosto di essere triste o disperata, a cui a volte ho taciuto una rabbia o addolcito una delusione, a cui spesso ho sorriso pur avendo lacrime sulla punta degli occhi.
Per darle la certezza che ha sempre cercato: che io fossi felice.
Annapaola