Nei nostri firmamenti interiori, quelli che Pino chiama le nostre fantasie, quante stelle ci sono?..
Forse alcune ci hanno portato fuori rotta ma una è sempre particolare, una stella polare per ciascuno. Una “compagnia celeste” che rida e pianga con noi. C’è anche della malinconia da condividere
tra quelle fitte nebbie di solai
dove ricordi e polvere si sposano
per dare più senso al vuoto che mi assale.
E poi la luce si fa intimità, lasciando gli spazi siderali per farsi prossima, “domestica” direi,
quando tra un filo e un ago
il passo, poi, più semplice è la vita.
Nella mia fantasia si accende la speranza che questa luce diventi “possesso”, una dimensione cioè da ricercare non più in cielo ma
tra quei viottoli del cuore
in cui però il possesso (quell’aggettivo possessivo ripetuto tre volte negli ultimi tre versi) non significhi proprietà ma attraversamento (“per me”) e dimora (“in me”). Allora, “tenerezza, impronta decisiva, sussurrato incanto”, diventano il respiro di un’anima che sa vivere.
d.Max
P.S. by me...!
Ne ho incontrate di stelle in questo cielo,
appuntate sul loro fondo oscuro
piccoli bottoni d'oro
di un elegante vestito nero.
Ne ho viste di stelle
cadenti
raccolte dai vostri intimi desideri
e riportate nel loro firmamento.
Erano lacrime avvelenate di dolore
sorrisi che arrotondavano
labbra e smussavano spigoli.
Ne ho conosciute di stelle: non erano
nuovi gli occhi, quelle luci, ma tracce
di nostalgia graffiante. Fino a vedersi
aprire il sipario del ricordo
su noi, siderali idee di verità
splendenti da sempre.
Forse alcune ci hanno portato fuori rotta ma una è sempre particolare, una stella polare per ciascuno. Una “compagnia celeste” che rida e pianga con noi. C’è anche della malinconia da condividere
tra quelle fitte nebbie di solai
dove ricordi e polvere si sposano
per dare più senso al vuoto che mi assale.
E poi la luce si fa intimità, lasciando gli spazi siderali per farsi prossima, “domestica” direi,
quando tra un filo e un ago
il passo, poi, più semplice è la vita.
Nella mia fantasia si accende la speranza che questa luce diventi “possesso”, una dimensione cioè da ricercare non più in cielo ma
tra quei viottoli del cuore
in cui però il possesso (quell’aggettivo possessivo ripetuto tre volte negli ultimi tre versi) non significhi proprietà ma attraversamento (“per me”) e dimora (“in me”). Allora, “tenerezza, impronta decisiva, sussurrato incanto”, diventano il respiro di un’anima che sa vivere.
d.Max
P.S. by me...!

Ne ho incontrate di stelle in questo cielo,
appuntate sul loro fondo oscuro
piccoli bottoni d'oro
di un elegante vestito nero.
Ne ho viste di stelle
cadenti
raccolte dai vostri intimi desideri
e riportate nel loro firmamento.
Erano lacrime avvelenate di dolore
sorrisi che arrotondavano
labbra e smussavano spigoli.
Ne ho conosciute di stelle: non erano
nuovi gli occhi, quelle luci, ma tracce
di nostalgia graffiante. Fino a vedersi
aprire il sipario del ricordo
su noi, siderali idee di verità
splendenti da sempre.