Questo mi sembra un pezzo di grande poesia. C’è un turbinio di immagini evocative e al centro queste figure di persone anziane, “vecchie” dice giustamente il testo. Perché se la poesia serve a qualcosa, serve appunto per chiamare le cose col loro nome.
Non la bellezza di una donna nel fiore della vita, non la bellezza di un paesaggio, ma la bellezza di una vita consumata di giorni. E come può essere davvero bello il volto di una persona vecchia!
Quei volti che il tempo ha messo alla prova, che ormai ha ridotto all’essenziale (“ossa sfuggenti”; “sorriso senza denti”). E poi ci sono i ricordi
“A’ loggia” infocata dal sole,
riverbera fatti lontani
e magie più nascoste dell’ombra.
C’è tutta la vita rivista in trasparenza attraverso gli occhi di queste vecchie, una vita che diventa racconto per imparare a relativizzare le offese del tempo
Poiché il tempo ne ha vinte di storie
su ciò che rimane negli occhi.
E pensare che spesso non abbiamo nemmeno il tempo per metterci lì, davanti ai nostri vecchi a farci raccontare la vita, ai nostri vecchi per cui rimaniamo sempre bambini.
Bambini correte a vestirne l’addome ormai nudo
con frasche di menta.
E’ in questo racconto, in questo incontro con la memoria, in questo nostro saper interrogare chi ha già “cucinato” la sua vita al fuoco lento dei giorni, che anche gli uragani diventano “brezza di maggio”.
Buon Natale
d.Max
Non la bellezza di una donna nel fiore della vita, non la bellezza di un paesaggio, ma la bellezza di una vita consumata di giorni. E come può essere davvero bello il volto di una persona vecchia!
Quei volti che il tempo ha messo alla prova, che ormai ha ridotto all’essenziale (“ossa sfuggenti”; “sorriso senza denti”). E poi ci sono i ricordi
“A’ loggia” infocata dal sole,
riverbera fatti lontani
e magie più nascoste dell’ombra.
C’è tutta la vita rivista in trasparenza attraverso gli occhi di queste vecchie, una vita che diventa racconto per imparare a relativizzare le offese del tempo
Poiché il tempo ne ha vinte di storie
su ciò che rimane negli occhi.
E pensare che spesso non abbiamo nemmeno il tempo per metterci lì, davanti ai nostri vecchi a farci raccontare la vita, ai nostri vecchi per cui rimaniamo sempre bambini.
Bambini correte a vestirne l’addome ormai nudo
con frasche di menta.
E’ in questo racconto, in questo incontro con la memoria, in questo nostro saper interrogare chi ha già “cucinato” la sua vita al fuoco lento dei giorni, che anche gli uragani diventano “brezza di maggio”.
Buon Natale
d.Max