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Sabbia » gio mar 03, 2005 9:08 am
Dai vari resoconti mi sembra di capire che comunque sia andato tutto bene... copio qui per chi non avesse la possibilità o riuscisse ad andare sul link indicato in precedenza il resoconto scritto da qualcuno che non credo sia uno di noi del forum ma che comunque mi sembra interessante... ciao a tutti.
max
(dal link indicato sopra...)
BLOGNA CULTURA:
LA POESIA LUPOLUCANA DI MANGO
Quando arrivo con dieci minuti di ritardo la Sala Borsa è già impaccata di gente. Si presenta il nuovo (primo?) libro del cantante Pino Mango: un libro di poesie intitolato Nel malamente mondo non ti trovo, edito dalla casa editrice bolognese Pendragon. Sul palchetto, oltre all’Autore, un giornalista, un simpaticissimo sosia di Fedro del Grande Fratello e un’attrice che leggerà poesie tratte dal libro. Il clima è molto amichevole, le parole volano alte. “Mango, cosa ti ha spinto a scrivere poesie?”. “Il 5 settembre del 2002 ho deciso: scrivo un libro di poesie, e così ho fatto”. Non ne aveva mai scritte prima, e anche i testi delle sue canzoni erano scritti da altri. Una svolta epocale, nella sua (e nella nostra) vita.
Il tono di Mango è quello di un uomo amareggiato: “Perché tante guerre? Bush, ma cosa vuole Bush? Io sto insegnando a mio figlio Filippo a non fidarsi di nessuno”. Ma il suo, guarda un po’, non vuol essere un discorso negativo, la poesia vince sempre sul mondo, peccato che a scuola si studino solo poeti noiosi, Neruda, perché non si studia Neruda? L’attrice legge una poesia che parla di gocce d’acqua nell’ombra – le parole scelte una a una per sorprendere il lettore, l’antitesi della poesia. Le gocce siamo noi, dice Mango, e la poesia deve liberarci, “se la poesia non è liberazione dell’animo che cos’è?”. È per questo che tutti, tuttissimi, dovremmo scrivere poesie: “Ci sono sei miliardi di fantasie, sei miliardi di mondi, come le impronte digitali”.
La prossima poesia parla della “punta di un puntino appuntitissimo”. Mango si lancia in un’ardito manifesto politico: io sono lucano, ma prima che lucano sono italiano, ma prima che italiano sono cittadino del mondo, come Topolino, aggiungo io. Sale allora sul palco Mimmo, il brevilineo presidente della Comunità lucana di Bologna (sì, c’è anche questo nella città sfiorita), che contentissimo regala a Mango una spilla con lo stemma della Basilicata, “così porterai la Lucania in giro per il mondo”. Tra il pubblico ci sono capelloni alla Shaft, un sosia di Bruno Sacchi della Terza C e numerosi lucani, adoranti. Piccola polemica sulla Repubblica che ha stroncato il libro, Mango si incarta e dice: “La cosa più difficile è convincere gli ignoranti, nelle poesie come nella musica”. Un tizio dal pubblico afferma di amare molto la poesia lupolucana, si discute di Dio e di trascendenza, morti che parlano e cose del genere.
Finita la canzone dedicata a se stesso che Mango canta al pianoforte con un trasporto degno del miglior Cocciante, la folla va a farsi autografare il libro, mentre io vado a conoscere Mimmo, che mi scambia per lucano, mi racconta del suo incontro con Prodi e col Coffee (che gli ha detto che i lucani sono una delle gambe su cui si regge Bologna, lasciàm bàn perdàr) e mi invita, la prossima settimana, a una nuova iniziativa. Esco e, forse inconsciamente, vado a mangiare al ristorante altoatesino.
Ponyluna