Cercheremo, nelle noste possibilità, di farvi rivivere uno dei momenti più emozionanti e gratificanti della carriera di Mango.
Vi riportiamo prima il testo originale dell'assegnazione, poi la motivazione del premio attribuito.
Un po’ Prevert un po’ Neruda, Mango continua a frugare nella nostra anima con le sue canzoni,
con i suoi testi che evocano silenzi e maree, passioni sospese e riprese, intellettuali prima che sensuali.
Tutta una vita che si anima e si agita tra le note della sua musica inconfondibile, come la sua voce che canta per noi
le metafore ardite e i momenti irripetibili che talora l’esistenza ci regala, senza preavviso ma anche senza pietà.
Redazione Musical-Letteraria Lunezia 2006
Opera: Ti amo così di Mango
Menzione Speciale Lunezia 2006
Forte del proprio ed esclusivo interesse per l’aspetto musical-letterario nelle opere dei cantautori italiani e
della valorizzazione di un’arte unica come la canzone, il Premio Lunezia si pregia di riservare la giusta attenzione all’album Ti amo così di Mango.
Le sensazioni che attraversano il disco sono quelle di un bisogno di eternità e di infinito: partendo da un sentimento privato, quasi “artigianale”,
si arriva a un movimento passionale che coinvolge e fonde l’unicità del cantautore e l’oggetto del suo amore.
Se si analizzano i versi come “ti amo così / tra il maglione ed il freddo del cuore”, si vede come l’autore nomini oggetti personali e quotidiani
– come maglione -, che verosimilmente rappresentano la propria ed esclusiva voglia di amare, mescolata ad un etereo e universale freddo del cuore
che dalla notte dei tempi scompone le membra e l’anima di ogni innamorato.
L’album musicalmente è pervaso da atmosfere arabesche, che l’autore ha saputo mixare con le sonorità occidentali, tra rock e blues per certe strumentazioni.
Mango ama l’area mediterranea, con intrecci evidenti in un brano musicalmente originale come Di quanto stupore, dove parola e melodia si fondono, riproducendo certe arie arabe in cui la frase musicale si allinea al significato delle parole: contrasti tra parti di tempesta musicale e silenzio, alternano significati di stupore e ricerca forsennata, in versi come “Pioggia fuggita dal cielo (…) t’avrei cercata se non fossi mai nata”, alla quiete del verso “T’avrei trovata, nido d’acqua salata / ad apettarmi, ad aspettarmi fiume”, inteso come un letto che accoglie.
Spesso ci si immagina di vedere una ballerina araba danzare in un harem.
Il luogo che il cantautore cerca nel disco, verso cui tende e in cui vuole arrivare con la sua arte, è un posto utopico,
da sempre e per sempre sognato dagli uomini e nel quale sa di poter giungere tramite l’amore.
E’ il “dicembre degli aranci”, che dà il titolo ad una canzone emblematica, luogo che non è spiegabile tramite vie razionali,
ma raggiungibile per mezzo della magnifica incomprensibilità dell’amore.
Questa tendenza all’assoluto può consumarsi nella splendida consapevolezza di speranza che l’amore ci regala, ma anche nel dolore micidiale di una lontananza, come nel brano Mio fiore mio, in cui l’assenza è qualcosa che ricorda l’amore, uccidendo l’innamorato privato dell’oggetto del desiderio:
“Mi parlerà di te / mio fiore mio quel continuo ‘mi manchi tu’ / mi ucciderà”.
Mango ci colpisce con quella sua particolare tecnica vocale, che mette in pratica la voglia di immensità del disco, come quando la voce del cantautore si alza, fino ad arrivare ad un falsetto che sfuma sul finale, dando quasi la sensazione di sfiorare l’infinito, suggello e conquista di una eternità.
Forse, davvero, è quella particolare voglia di avvicinarsi e accarezzare un’idea e una stilla di infinito che spiega la passione e il coinvolgimento che le canzoni sanno sprigionare.
E, ancora, sono le intuizioni artistiche, come questa, che permettono a musica e parole di creare sempre nuove emozioni musical-letterarie:
un’arte senza fine, che il Lunezia è fiera di valorizzare, cullando la propria geniale esclusività da oltre dieci anni.
Mi appare simile agli Dei
quel signore che siede innanzi a te.
E ti ascolta, tu parli da vicino
con dolcezza,
e ridi, col tuo fascino, e così
il cuore nel mio petto ha sussultato,
ti ho gettato uno sguardo e tutt’a un tratto
non ho più voce,
no, la mia lingua è come spezzata,
all’improvviso un fuoco lieve è corso
sotto la pelle, i miei occhi non vedono,
le mie orecchie mi risuonano,
scorre un sudore e un tremito mi prende
tutta, e sono più pallida dell’erba,
è come se mancasse tanto poco
ad essere morta;
pure debbo farmi molta forza.*
* Passo tratto dal frammento 31 V. di Saffo.
Vi riportiamo prima il testo originale dell'assegnazione, poi la motivazione del premio attribuito.
Un po’ Prevert un po’ Neruda, Mango continua a frugare nella nostra anima con le sue canzoni,
con i suoi testi che evocano silenzi e maree, passioni sospese e riprese, intellettuali prima che sensuali.
Tutta una vita che si anima e si agita tra le note della sua musica inconfondibile, come la sua voce che canta per noi
le metafore ardite e i momenti irripetibili che talora l’esistenza ci regala, senza preavviso ma anche senza pietà.
Redazione Musical-Letteraria Lunezia 2006
Opera: Ti amo così di Mango
Menzione Speciale Lunezia 2006
Forte del proprio ed esclusivo interesse per l’aspetto musical-letterario nelle opere dei cantautori italiani e
della valorizzazione di un’arte unica come la canzone, il Premio Lunezia si pregia di riservare la giusta attenzione all’album Ti amo così di Mango.
Le sensazioni che attraversano il disco sono quelle di un bisogno di eternità e di infinito: partendo da un sentimento privato, quasi “artigianale”,
si arriva a un movimento passionale che coinvolge e fonde l’unicità del cantautore e l’oggetto del suo amore.
Se si analizzano i versi come “ti amo così / tra il maglione ed il freddo del cuore”, si vede come l’autore nomini oggetti personali e quotidiani
– come maglione -, che verosimilmente rappresentano la propria ed esclusiva voglia di amare, mescolata ad un etereo e universale freddo del cuore
che dalla notte dei tempi scompone le membra e l’anima di ogni innamorato.
L’album musicalmente è pervaso da atmosfere arabesche, che l’autore ha saputo mixare con le sonorità occidentali, tra rock e blues per certe strumentazioni.
Mango ama l’area mediterranea, con intrecci evidenti in un brano musicalmente originale come Di quanto stupore, dove parola e melodia si fondono, riproducendo certe arie arabe in cui la frase musicale si allinea al significato delle parole: contrasti tra parti di tempesta musicale e silenzio, alternano significati di stupore e ricerca forsennata, in versi come “Pioggia fuggita dal cielo (…) t’avrei cercata se non fossi mai nata”, alla quiete del verso “T’avrei trovata, nido d’acqua salata / ad apettarmi, ad aspettarmi fiume”, inteso come un letto che accoglie.
Spesso ci si immagina di vedere una ballerina araba danzare in un harem.
Il luogo che il cantautore cerca nel disco, verso cui tende e in cui vuole arrivare con la sua arte, è un posto utopico,
da sempre e per sempre sognato dagli uomini e nel quale sa di poter giungere tramite l’amore.
E’ il “dicembre degli aranci”, che dà il titolo ad una canzone emblematica, luogo che non è spiegabile tramite vie razionali,
ma raggiungibile per mezzo della magnifica incomprensibilità dell’amore.
Questa tendenza all’assoluto può consumarsi nella splendida consapevolezza di speranza che l’amore ci regala, ma anche nel dolore micidiale di una lontananza, come nel brano Mio fiore mio, in cui l’assenza è qualcosa che ricorda l’amore, uccidendo l’innamorato privato dell’oggetto del desiderio:
“Mi parlerà di te / mio fiore mio quel continuo ‘mi manchi tu’ / mi ucciderà”.
Mango ci colpisce con quella sua particolare tecnica vocale, che mette in pratica la voglia di immensità del disco, come quando la voce del cantautore si alza, fino ad arrivare ad un falsetto che sfuma sul finale, dando quasi la sensazione di sfiorare l’infinito, suggello e conquista di una eternità.
Forse, davvero, è quella particolare voglia di avvicinarsi e accarezzare un’idea e una stilla di infinito che spiega la passione e il coinvolgimento che le canzoni sanno sprigionare.
E, ancora, sono le intuizioni artistiche, come questa, che permettono a musica e parole di creare sempre nuove emozioni musical-letterarie:
un’arte senza fine, che il Lunezia è fiera di valorizzare, cullando la propria geniale esclusività da oltre dieci anni.
Mi appare simile agli Dei
quel signore che siede innanzi a te.
E ti ascolta, tu parli da vicino
con dolcezza,
e ridi, col tuo fascino, e così
il cuore nel mio petto ha sussultato,
ti ho gettato uno sguardo e tutt’a un tratto
non ho più voce,
no, la mia lingua è come spezzata,
all’improvviso un fuoco lieve è corso
sotto la pelle, i miei occhi non vedono,
le mie orecchie mi risuonano,
scorre un sudore e un tremito mi prende
tutta, e sono più pallida dell’erba,
è come se mancasse tanto poco
ad essere morta;
pure debbo farmi molta forza.*
* Passo tratto dal frammento 31 V. di Saffo.