Mi ricollego a quello che ha scritto Nora, un’ennesima esperienza vissuta di madre insieme a quella davvero commovente di Annapaola riportata in un altro topic, per aprire un’altra finestra sulla questione del negato rapporto genitore-figlio che sta al centro di questa splendida perla di Carlo De Bei.
E voglio parlarvi di una realtà che sta al di là dell’oceano, a molte ore di volo da noi, e che forse per l’avvicinamento anche affettivo per questo selvaggio paese, mi ha colpito davvero molto.
Mi riferisco all’Australia e alla sua cosiddetta “Stolen Generation”.
Se ancora non avete letto il romanzo di Sally Morgan “La mia Australia”, beh, vi consiglio di farlo perché pur non essendo un resoconto storico ma più un racconto autobiografico, narra della così tradotta “generazione rubata”, ossia di tutti quei bambini aborigeni – oggi adulti – che, a partire dalla seconda metà del 1800 e durante circa tutto un secolo, si sono visti privare della la loro identità culturale e personale, del loro nome natale e della loro famiglia, ad opera del governo australiano e delle chiese cristiane, allontanati forzatamente dai loro genitori per essere "educati" presso istituti dell’uomo bianco.
Tutto questo motivato da presunti - ma mai verificati - abusi sessuali e per l’acutizzarsi del fenomeno dell’alcol nelle comunità aborigene, non tenendo conto che prima dell’arrivo dei bianchi ad espropriarli delle loro terre e della loro vita gli aborigeni erano più che mai sobri….
Un fenomeno di sopruso, nell’utilizzo dell’esistenza altrui a proprio scopo e nella violenza gratuita ai danni dei più deboli; una piaga sociale che riporta i suoi risvolti fino ad oggi, dato che è all’agosto di quest’anno che risale la vicenda dell’aborigeno Bruce Trevorrow, 50 anni, il quale ha vinto una causa con un risarcimento di 525.000 dollari australiani per essere stato sottratto all’età di 13 anni a sua madre in seguito ad una degenza ospedaliera nel reparto pediatria di Adelaide per un problema gastrointestinale, essendogli stato negato, al momento della guarigione, il normale ritorno a casa.
Ma potranno mai tutti questi soldi ripagare una vita fatta di depressione e solitudine, come tanti che hanno vissuto la sua stessa condizione?
Perché se da una parte c’è un padre che soffre per la perduta libertà di vivere con il proprio figlio, dall’altra ci sono bambini, a volte anche molto piccoli, che non capiscono il perché vengano privati del calore della loro famiglia, ma che anzi non dovrebbero nemmeno essere coinvolti nelle ingiustizie dei grandi.

Perché se un padre può dire

Figlio, accendi una candela,
che risplenda la ragione


a un bambino rimarrà solo il ricordo di quando

avrei voluto un giorno di sole
e scendere le scale e poterti abbracciare.


Ho citato l'Australia non a caso, paese relativamente nuovo e considerato tra i più civilizzati...... quel senso "civile" che abbiamo portato noi.....